Dal 9 aprile al 9 maggio 2022, lo splendido Palazzo Malvinni Malvezzi ospita la mostra “Le Realtà Sospese” dell’artista materano Pino Oliva.
La mostra è organizzata dalla Galleria Opera Arte e Arti di Matera, del gallerista Enrico Filippucci, con la partecipazione della Fondazione Lucani di Siena, e del Comune di Siena, della Provincia di Matera e del Comune di Matera.
Orari di apertura della mostra
A partire dal 10 aprile e fino al 9 maggio, sarà possibile visitare la mostra tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 20.
Breve biografia di Pino Oliva
Nasce a Matera il 4 agosto 1965. Da sempre vocato alle arti visive, nel tempo sviluppa anche competenze di art director e grafico, contaminandole con i linguaggi dell’arte. Lavora da oltre trent’anni anni nel mondo dell’immagine occupandosi di arte, progetti grafici, illustrazione, fumetti ed esponendo le sue opere in Italia e all’estero.
Negli anni ‘90 è tra i primi artisti in Italia a occuparsi di arte digitale.
Dal 1987, tra le sue importanti esposizioni: San Gimignano (SI) per il “Premio Celeste” (menzione speciale); Dubai, per la mostra di acquerelli a Le Rêve Dubai; Valencia in occasione di Plot Art Europa; Firenze (2005) per l’edizione italiana di Cow Parade e nel 2006 a Mombay per “Spirited Cities and City Spirits” della Bajaj Art Gallery; a Matera nel 2019 per “Redbull Curates Canvas Cooler”. A Siena nella Fortezza Medicea nel 2021.
Molti suoi racconti a fumetti sono stati pubblicati su riviste nazionali del fumetto d’autore. Dal 2007 ad oggi ha pubblicato cinque graphic novel con La Stamperia Edizioni e con Lavieri Edizioni.
Le Realtà Sospese nella pittura di Pino Oliva
Di seguito vi proponiamo il testo intitolato “Le Realtà Sospese nella pittura di Pino Oliva“, a cura del Prof. Massimo Guastella, Docente di Storia dell’Arte Contemporanea presso l’Università del Salento
Ci potremmo domandare che tipo di artista è Pino Oliva? Un sognatore? Un utopista con il pennello in mano? Un incontaminato animo infantile, pur nelle sembianze d’un adulto dalla testa calva e con baffi neri e barba bianca, che si è camuffato per ingannare pubblico e critica?
Niente di tutto questo, ovviamente.Eppure, le sue opere della maturazione stilistica e artistica, dallo sguardo puro e incontaminato, si direbbero visioni, ma preciserei meglio, fantasie dettate dal mondo interiore di un bambino, repertorio del prelievo che sostanzia le sue narrazioni. Verrebbe da citare il grande andaluso: «A quattro anni dipingevo come Raffaello, poi ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino».
Narrazioni, dicevo, anziché rappresentazioni, dato che le sue raffigurazioni non hanno il fine di illustrare o documentare luoghi ben identificabili, situazioni oggettive, personaggi noti, come dire, elementi significanti di per sé. I suoi quadri animati di presenze galleggianti nello spazio, senza che siano precisati supporti letterari, innanzi tutto le silhouette muliebri delle “madonne laiche” – come le definisce – portatrici di doni, di simbologie allusive (il melograno per la fertilità e il fiore emblema della vita), di animali mitologici (Pegaso, il cavallo alato, l’Uroboro, serpente che inghiotte la propria coda realizzando il cerchio che non ha inizio né fine, e la volpe stellata che assimila alla simbologia del cosmo), di incastri architettonici, di cieli salmastri e marine celestiali e poi ancora fiammelle saettanti e nuvole dorate seguono un iter narrativo concentrato completamente sullo spazio mentale del dipinto o sia il suo teatro. L’ambiente che racchiude la sua dimensione immaginifica.Per ammissione dell’artista, il set è reale pur se fantasticamente filtrato e trasfigurato: Matera, terra che giunge a noi da una ammaliante civiltà arcaica. Lui attinge ispirazioni dal fecondo patrimonio del genius loci; è nato in quella città magica, dalle sensazioni così forti, tanto piccola – sebbene annovera circa 150 chiese rupestri – dove s’avverte un senso di sacralità che gli antichi hanno scorto ab origine. E quello scenario lo racconta e dipinge con gli occhi di un bambino curioso, stupefatto di fronte alle meraviglie nascoste della Città dei Sassi, pur senza attribuzioni simboliche specifiche.
Gli scenari, dunque, sono evocativi, non privi di ricordi ctoni, perciò intimamente partecipati. Sono luoghi d’incontro dell’inatteso, che incantano lo sguardo su ognuno degli elementi incastrati in puzzle policromatici, dalle impostazioni ben ponderate.
Le composizioni nei quadri di Oliva non sono mai istintive. Seguono schemi elaborati: prima abbozzati e poi impostati sulle costruzioni auree, attentamente ordinate su formati di telai standard, appositamente fatti realizzare. Altrettanto accortezza l’artista materano dimostra nella preparazione della tela e nelle stesure, condotte per strati consecutivi e sovrapposti. Per ottenere la gamma cromatica applica tecniche proprie dello statuto della pittura; sotto ogni colore ce n’è un altro, spiega: «Sotto i rossi metto i neri o i bianchi, sotto i gialli ci metto gli azzurri, sotto i verdi ci metto i viola, solo così vibra il colore. Lavorando mi sono accorto che in questa maniera riesco a creare vuoti e pieni e soprattutto a dare movimento alle superfici dipinte, infatti accosto i complementari, i blu con gli aranci». Dimostra in tal modo di aver acquisito abilità tecniche, via via più controllate nel corso della sua carriera artistica, se penso ai quadri d’esordio di stile dalle chiare derivazioni surrealiste, quando, ad esempio nella seconda metà degli anni Ottanta, curiosava tra le trovate di un Dalì.
Nelle sue opere più recenti, Oliva parrebbe suggerirci delle realtà parallele, che in altra sede ho definito metatemporali. Lo appassiona l’ipotesi che attorno a noi scorrano intorno innumerevoli dimensioni fluttuanti e co-temporali che non percepiamo.
Meccanica quantistica: teoria dei multimondi in cui le leggi della fisica sono stravolte e si manifestano in visioni sfocate della realtà a cui alludono i quadri. Le sue singolari pitture s’ incontrano con lo scientifico senza contraddirsi. Ossia l’interesse dello scienziato sul mondo dei fenomeni, sulla fisica teorica, i campi gravitazionali, sulla nozione del tempo per il pittore diviene un immaginario da dipanare tra soluzioni formali e accenti cromatici che suggeriscono la sua formula di tempo sospeso, dove passato presente e futuro si incuneano l’un l’altro in ramificanti figurazioni fantastiche dai suggestionanti effetti: rievocazioni di episodi figurativi compressi e poi svincolati in immagini diversissime. «Io sono interessato ad essere un artista», ci dice, «devo mostrare ciò che gli altri non vedono».