Articolo del direttore del Museo Francesco Calculli
Un nuovo eccezionale cimelio arricchisce la collezione del Museo del Comunismo e della Resistenza di Matera. Si tratta di un rarissimo album illustrato, edito nel 1947 dal Centro Diffusione Stampa del Partito Comunista Italiano, che racconta in breve, con magnifici disegni a colori, la vita di Antonio Gramsci come prezioso ricordo di un nostro grande maestro che ha insegnato con la parola e con l’esempio come si deve lottare per la redenzione del lavoro dalla schiavitù e dalla miseria. Un indimenticabile leader politico che ha aperto ai lavoratori, con il suo sacrificio, la via di un avvenire migliore. Il nuovo cimelio, di cui vi mostriamo in anteprima alcune fotografie, è stato donato dal modenese William Morini che ha subito aderito con entusiasmo alla nostra iniziativa “Dona un cimelio, tramanda la storia“, ed è stato collocato nella prima sala del Museo, che “racconta” la nascita del PCI.







L’attualità di Antonio Gramsci
Antonio Gramsci. È il nome di un uomo di grandissimo sapere, il nome di un uomo che a tutto volle rinunciare, agli onori e alla vita agiata, per consacrare la sua esistenza alla causa dei lavoratori, alla causa dei contadini e degli operai. Fedele a questa causa fino al sacrificio, fino alla morte, Antonio Gramsci visse in povertà, affrontò con sereno coraggio l’odio spietato dei nemici dei lavoratori, le persecuzioni, le violenze brutali, lunghi, e interminabili anni di carcere e, infine, la morte in prigionia dopo un’agonia lenta e crudele.
L’attualità di Antonio Gramsci? Basta volgere lo sguardo non solo all’Europa ma al mondo intero. Non esagero: dal Wall Street Journal al Brasile del presidente Lula, dagli esponenti delle classi dirigenti indiane ai politologi delle maggiori università americane, tutti hanno come punto di riferimento il pensiero di Gramsci anche come una bussola per capire la contemporaneità.
Gramsci questa salda permanenza nel mondo odierno la deve alla anomalia e alla diversità che lo connotano ancora oggi. Le opere di Gramsci, sono un serbatoio inesauribile di scoperte. I suoi testi vengono considerati essenziali sul rapporto tra élites e masse, sul nesso tra partito e Stato, sul tema dell’egemonia e dell’importanza degli intellettuali, sul destino del sistema economico vigente: problematiche che agitano e non abbandonano mai il nostro presente.
Era un uomo singolarissimo. Quando Piero Gobetti lo conobbe, fu folgorato e annotò: «Polemista formidabile, Gramsci nella sua azione di propaganda a Torino è andato raccogliendo molte simpatie, e lo anima un grande fervore morale un po’ sdegnoso e pessimista: non ha mai avuto posizioni decorative nelle cariche di partito, del lavoro che fa nei giornali lascia agli altri di raccogliere il merito e i frutti o le lodi. Nel partito compie una funzione di vera moralità e se la sezione socialista fa molto bene lo si deve a lui che ha dominato senza che nessuno se ne avvedesse. Questa sua vita costantemente pura e seria ha fatto sì che a Torino, anche se non è rinomato pubblicamente, ha però un’influenza grandissima in tutti gli ambienti socialisti e per lui tutti i giovani socialisti hanno un’ammirazione e una fiducia entusiastica. Intransigente, uomo di parte, talvolta quasi feroce, esercita la sua critica contro i suoi compagni non per polemica personale, ma per un bisogno insaziato di sincerità. In questo giovane solitario, quasi inconsciamente, apostolo e asceta, il cervello ha soverchiato il corpo». È una splendida constatazione che ci fa capire Gramsci.
A differenza di Bordiga, che voleva tutelare la “purezza” del dogmatismo marxista e che aveva come unico obiettivo la dittatura del proletariato, Gramsci perseguiva conquiste democratiche intermedie, raggiungibili attraverso il dialogo con i cattolici che sostengono posizioni di rinnovamento in campo sociale e politico, o tramite l’intellettualità progressista liberale rappresentata da Gobetti. L’idea centrale di Gramsci era che tutti gli operai, ma anche le persone impiegate in altre occupazioni, a prescindere dal fatto che fossero o meno iscritte a un partito o a un sindacato, dovessero diventare in prima persona da semplici esecutori, dirigenti del processo produttivo; da rotelle di un meccanismo regolato dal capitalista, soggetti; in sostanza, che gli organi democraticamente eletti dai lavoratori ( i Consigli di fabbrica, di fattoria, di rione) fossero investiti dal basso del potere tradizionalmente esercitato nella fabbrica e nella campagna della classe proprietaria e nelle pubbliche amministrazioni dal delegato del capitalista.
Elemento volontaristico e soggettività del proletariato
La socialdemocrazia riteneva che il capitalismo “produce il suo becchino“, ovvero che favorisce la nascita degli organismi sociali in grado di assestargli il colpo di grazia, i quali automaticamente ne provocano l’estinzione. Gramsci, invece, valutò come determinante l’elemento volontaristico e la soggettività del proletariato, delle masse operaie e di tutti coloro che fanno delle scelte e che si trovano a operare in un determinato momento storico.
La lucida interpretazione del fascismo
Poi seppe intuire, qual era la forza del fascismo. In un discorso dell’agosto del 1922, rilevò: «I fascisti sono come i socialrivoluzionari russi». Gli altri comunisti in maniera dogmatica affermavano: «Il fascismo è il braccio armato del capitalismo». Gramsci capì che alla base del regime di Mussolini vi era il declassamento della media e piccola borghesia, la mancanza di lavoro per i ceti popolari e per i reduci della prima guerra mondiale, il tutto coniugato con una politica tendente ad avere il consenso delle masse anche tramite il razzismo e l’antisemitismo. Questa sua lungimiranza ci chiarisce la sostanza di tutti gli attuali sovranismi e populismi di destra, cioè i nuovi fascismi.
Benedetto Croce una volta affermò che: «Gramsci è uno dei nostri». Se io do la mia personale interpretazione, probabilmente si riferiva al fatto che Gramsci aveva superato i limiti del positivismo meccanicista. Croce, nel 1947, disse che Gramsci non apparteneva solo al Partito comunista, ma anche: «A chi è di altro od opposto partito», e ciò «per la reverenza e l’affetto che si provano per tutti coloro che tennero alta la dignità dell’uomo e accettarono pericoli e persecuzioni e sofferenze per un ideale». Un valore che egli, nobilmente, non tradì mai, come dimostra in modo chiaro una lettera inviata alla madre posta a conclusione della biografia gramsciana di Giuseppe Fiori: «Cara mamma, vorrei proprio abbracciarti stretta stretta perché sentissi quanto ti voglio bene e come vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho dato: ma non potevo fare diversamente. La vita è così, molto dura, e i figli qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme, se vogliono conservare il loro onore e la loro dignità di uomini».
Gramsci, simbolo della lotta per la libertà
I lavoratori d’ Italia e del mondo intero non dimenticheranno mai Antonio Gramsci. Il suo nome è ancora oggi un simbolo e una bandiera dovunque si lotta per la libertà. Nella guerra di Spagna, una batteria d’artiglieria portava il suo nome. Nella guerra di liberazione combattuta in Italia, una delle più valorose brigate partigiane portava il nome di Gramsci. Vie e piazze, in Italia e fuori d’Italia, sono intitolate ad Antonio Gramsci, capo dei lavoratori italiani. Nel suo nome hanno combattuto gli eroi della guerra di liberazione: nel suo nome si lotta oggi per la democrazia, per il progresso, per la rinascita dell’Italia.