In occasione del centenario della nascita di Enrico Berlinguer, il direttore del Museo del Comunismo e della Resistenza di Matera, Francesco Calculli, omaggia il grande politico italiano con un appassionato articolo dedicato alla figura di Berlinguer e alcune foto inedite del comizio che egli tenne a Matera nel maggio del 1980 in occasione delle elezioni regionali, raccolte in nel libro “Berlinguer a Matera” di Michele Pace e disponibile presso il Museo, oltre a fotografie, libri, manifesti e altro materiale originale dell’epoca per ricordare i cento anni dalla nascita di Enrico Berlinguer.
Buona lettura.
Enrico Berlinguer, 100 anni dalla nascita, ancora con noi
di Francesco Calculli
Alle ore 12:45 dell’11 giugno 1984 moriva un grande protagonista del mondo contemporaneo, l’ultimo grande segretario del PCI, Enrico Berlinguer. Un ictus lo aveva colpito durante un comizio tenutosi a Padova il 7 giugno. Il 13 giugno, ai suoi funerali, una folla immensa (forse 2 milioni) giunta da tutto il Paese con ogni mezzo disponibile “invase” Roma per dare l’estremo saluto al segretario comunista più amato e stimato anche da chi comunista non lo era mai stato, al leader più importante della sinistra europea, all’intellettuale cardine di un decennio.
Centenario dalla nascita di Berlinguer: come è cambiato il mondo
Lo scorso 25 maggio si è celebrato il Centenario della nascita di Enrico Berlinguer e il mondo come egli lo aveva conosciuto non esiste più: l’Unione Sovietica si è dissolta, la gloriosa storia del PCI – di cui Berlinguer fu il segretario generale per dodici anni – si concluse all’ultimo Congresso di Rimini, il 3 Febbraio 1991, mentre la diffusione di internet e dei suoi servizi – dagli inizi degli anni ‘90 – ha rappresentato una vera e propria rivoluzione tecnologica e socio culturale, con l’avvento di una nuova «società liquida» di cui parlava il sociologo Bauman, caratteristica della postmodernità nella quale l’uomo si trova a vivere in una situazione incerta e caratterizzata dall’individualismo, dalla violenza, e dall’ingiustizia.
Passione civile e ispirazione ideale e morale
Eppure, la straordinaria massa di popolo ai funerali del leader comunista e l’eccezionale manifestazione di passione civile, in quei drammatici giorni di giugno del 1984, ci hanno insegnato qualcosa che non si cancellerà mai dalla nostra mente e dal nostro cuore. Abbiamo imparato e riscoperto che ci sono parole e sentimenti che possono essere veri e possono essere veramente vissuti, che si può davvero vivere e anche morire per una causa giusta.
Viviamo in tempi in cui sembra che la politica debba essere per forza lontana da ogni tensione morale e ideale, spesso ridotta a vili mercanteggiamenti e ai selfie di rito scattati nelle piazze vicino a politici malati di protagonismo e che esercitano un monopolio di fatto sulla gestione di pseudo partiti di tipo personalistico.
Per questo è così grande il debito che portiamo a Enrico Berlinguer. Egli è stato un grande dirigente del movimento comunista, ma noi gli dobbiamo soprattutto di averci insegnato il significato stesso dell’impegno politico. Egli non aveva mai smesso di credere che non ci può essere grande politica se non c’è una grande ispirazione ideale e morale.
C’è una grande differenza tra le generazioni di oggi e quelle di ieri, quando Berlinguer dirigeva il più grande partito comunista che ci sia mai stato nel mondo occidentale. Differenti sono i linguaggi, i problemi, differente è la situazione in Italia e in Europa. Ma queste differenze solo apparentemente hanno spento la sete di idealità. Per questo è così grande e così forte l’esempio di Berlinguer ancora oggi e la sua memoria è incredibilmente vivida tra tanti giovani che fanno politica, ma anche fra tantissimi che non militano nei partiti di sinistra o in nessun altro partito. Abbiamo imparato da lui che una grande forza, che voglia rappresentare il bisogno di trasformazione della realtà, deve riferirsi a valori ideali che paiono antichi ma che rinnovano continuamente il loro senso.
A difesa della pace e della libertà con l’aiuto delle masse
È per queste idealità che molti distruggono credendole soltanto dei sogni, che Antonio Gramsci ha dato la vita e che si sono battuti i comunisti di tutte le generazioni, dai tempi di Palmiro Togliatti sino al sacrificio di tanti con Guido Picelli, Eugenio Curiel, Peppino Impastato, Pio La Torre, e l’elenco sarebbe infinito…
Berlinguer ci ha insegnato che al primo posto dovevano esserci la difesa della pace e delle libertà costituzionali conquistate con il sacrificio e lo spargimento di sangue dei partigiani. L’indicazione di Togliatti per unire tutte le forze progressiste al di là delle divisioni culturali e di classe, al fine di anteporre a tutto la salvezza delle istituzioni democratiche dinanzi al pericolo di una svolta golpista da parte della destra più reazionaria, trovò nuovo sviluppo nella opera sua con la politica del “Compromesso Storico”.
La sua azione per la pace è stata quella di un vero e grande uomo di Stato, consapevole delle difficoltà dei rapporti internazionali, capace di iniziativa diplomatica, sostenitore di proposte realistiche e realizzabili. Berlinguer ci ha insegnato anche che non c’è solo la diplomazia degli Stati, ma è necessario sempre l’intervento delle masse, una nuova «diplomazia dei popoli» come la teorizzava Gramsci.
Enrico Berlinguer fu il primo che capì la necessità di porre al centro del confronto politico l’importanza della «questione morale» dinanzi al dilagare della corruzione nella società italiana, e a ricordarcelo restano le sue memorabili parole: «Due categorie di persone temono l’avanzata dei comunisti in Italia, i corrotti e i prepotenti».
In lui era costante l’esigenza di parlare alla coscienza di milioni di donne e di uomini e di sapere ascoltare le loro esigenze, la loro voce. Viene da qui la sua attenzione costante ai movimenti di opinione e di lotta, e in particolare a quelli che vedevano nei giovani i principali protagonisti. Vedeva in questi movimenti una speranza per il futuro, il segno evidente di una generazione che in forme nuove tornava ad essere protagonista. E ha saputo insegnare, perché aveva la pazienza di ascoltare.
Quando innanzitutto tra le nuove generazioni femminili, iniziò una nuova fase della lotta delle donne, egli seppe guardare ai temi nuovi e alle idee che entravano in campo, senza cedimenti a mode occasionali, ma con l’attenzione a quello che di nuovo si muoveva. Non più solo la ricerca di una eguaglianza con il modello maschile ma una spinta insopprimibile a una liberazione autentica, alla creazione e invenzione di nuovi valori e di nuovi modelli di vita.
Una società nuova per la liberazione umana
In una fase storica in cui tra le nuove generazioni di militanti sembrava affievolirsi la volontà di una trasformazione socialista per i drammi di quel mondo sovietico in cui si erano riposte tante speranze, la voce di Berlinguer non ha cessato di richiamare all’esigenza di una società nuova. Questo non sarebbe stato possibile se egli non avesse avuto il coraggio di guardare alla realtà, di non ripercorrere strade ormai rivelatesi senza sbocco, se non avesse avuto il coraggio di esortare a cercare vie nuove, la via di un comunismo radicato nelle libertà, e non solo rispettoso di quelle che già ci sono, ma proteso a conquistarne di nuove, la via di un nuovo socialismo da costruire attraverso il grande progetto democratico dell’Eurocomunismo.
Molti hanno giustamente detto e scritto in questi anni della grande statura politica, culturale e umana di Enrico Berlinguer. Per noi comunisti Enrico è stato e sarà sempre prima di tutto un compagno da cui abbiamo imparato a sapere che cosa può essere il Marxismo come strumento di liberazione umana, abbiamo imparato che quando il mondo in cui viviamo è attraversato da profondi cambiamenti epocali, come l’attuale scenario legato alla pandemia da Coronavirus e alla devastante guerra tra Russia e Ucraina, bisogna trovare in noi stessi la capacità e la forza per scoprirne i motivi, per rinnovarsi, per andare avanti.
La lezione finale di Berlinguer
Ed è per questo che ci ha insegnato a capire, a non ragionare astrattamente, a evitare ogni atteggiamento dogmatico e conformistico rispetto alla complessità dei problemi con cui siamo chiamati a misurarci.
Caro compagno Berlinguer, noi ti ricorderemo per il tuo sorriso, ma anche per quel tuo sguardo un po’ triste che non dava mai rassegnazione ma forza. Sentiamo ancora quella tua voce a Padova rotta, sofferente mentre con un ultimo tremendo sforzo chiamavi tutti noi alla lotta. Oggi ci manchi tantissimo, ma andremo avanti, il tuo esempio ci guiderà sempre!